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NEL MONDO DELLE ECCELLENZE ITALIANE.

Paolo Marchi, Heinz Beck, Marco Reitano, Camilla Lunelli, Simone Pinoli alla consegna del premio Identità di Sala

L’Arte dell’Ospitalità sempre più protagonista nella ristorazione d’eccellenza

Grande interesse intorno al tema portato dalle Cantine Ferrari a Identità Golose e a The World’s 50 Best Restaurants

Nella foto: Paolo Marchi, Heinz Beck, Marco Reitano, Camilla Lunelli, Simone Pinoli alla consegna del premio Identità di Sala

Una grande sala salva un piatto modesto, una cattiva sala rovina anche un grande piatto”: questa affermazione di Massimo Bottura sull’importanza del servizio riassume perfettamente quanto emerso nel dibattito svoltosi lunedì 6 marzo a Identità Golose.

E’ un tema, quello dell’ospitalità, che le Cantine Ferrari sostengono da tempo con diverse iniziative, tra cui proprio l’evento a Identità Golose e l’istituzione del Ferrari Trento Art of Hospitality Award nell’ambito di The World’s 50 Best Restaurants, al fine di valorizzare il ruolo fondamentale di sala e accoglienza nell’esperienza enogastronomica.

Sul palco dell’Auditorium del congresso milanese, dopo un’introduzione da parte del presidente delle Cantine Ferrari Matteo Lunelli, il fondatore di Identità Golose Paolo Marchi  ha stimolato sul tema dell’ospitalità grandi esponenti del settore a livello internazionale, quali Massimo Bottura dell’Osteria Francescana, Umberto Bombana del ristorante 8 e ½ Bombana a Hong Kong e Shanghai, Søren Ledet, comproprietario del tristellato Geranium di Copenhagen, Marco Reitano, sommelier de La Pergola di Roma e presidente dell’associazione “Noi di sala”, Maurizio Saccani, direttore operations di Rocco Forte Hotels e William Drew, group editor di The World’s 50 Best Restaurants.

Come nel convegno sull’Arte dell’Ospitalità che le Cantine Ferrari avevano organizzato lo scorso anno a Palazzo Serbelloni, a Milano, anche in questa occasione è emerso che non esiste una sola ricetta per trasformare l’ospitalità in un’arte, ma che il ruolo della sala è fondamentale. Più di una testimonianza ha sottolineato l’importanza della sintonia fra sala e cucina: oltre all’affiatamento e alla condivisione di valori comuni, è cruciale che chi sta in sala conosca in modo approfondito quanto accade in cucina, al fine di trasmetterlo al cliente con passione e competenza.

Le Cantine Ferrari, a latere dell’incontro, hanno voluto testimoniare il loro impegno nella valorizzazione dell’ospitalità anche attraverso la consegna di due premi ad altrettanti protagonisti italiani del servizio: il “Premio Identità di Sala”, vinto da Marco Reitano e il “Premio Le Soste Ospitalità di Sala”, consegnato a Giuseppe Palmieri, responsabile di sala e di cantina dell’Osteria Francescana, durante la cena di gala dell’associazione Le Soste, tenutasi il 6 marzo a Milano.

Riportiamo i passaggi più salienti degli interventi dei relatori dell’incontro del 6 marzo a Identità Golose. 

Matteo Lunelli, presidente delle Cantine Ferrari

L’idea di valorizzare il ruolo della sala nasce dal profondo legame tra le Cantine Ferrari e l’alta ristorazione, da sempre ambasciatrice del vino di qualità e luogo privilegiato per sperimentare, conoscere e raccontare le nostre etichette.

Nel vino l’eccellenza è frutto di tanti piccoli gesti compiuti con attenzione, passione e cura, dal vigneto alla cantina. Allo stesso modo in un ristorante, l’eccellenza è il risultato di tanti dettagli che vanno oltre il piatto e la cucina. L’arte dell’ospitalità è quella magica alchimia che riesce a combinare, in un perfetto equilibrio, servizio, accoglienza e convivialità e fa diventare l’esperienza di un ristorante o di un hotel davvero memorabile.

Riteniamo il tema dell’Arte dell’Ospitalità perfettamente coerente con i nostri valori e con lo stile di vita italiano che rappresentiamo: un calice di bollicine è simbolo di convivialità, il brindisi esprime la gioia di stare insieme e l’Italia è per antonomasia il Paese dell’accoglienza.

Con questi momenti di confronto, e con il Ferrari Trento Art of Hospitality Award, nato in collaborazione con The World’s 50 Best Restaurants, vogliamo identificare dei modelli a cui possa ispirarsi chi lavora nel “front of the house” e invogliare tanti ragazzi ad intraprendere questo percorso.

William Drew, Group Editor di The World’s 50 Best Restaurants

Per compilare la classifica dei The World’s 50 Best Restaurants chiediamo ai nostri giurati di premiare la migliore “restaurant experience” valutando quindi un ristorante a tuttotondo, non solo per la sua cucina. Con il Ferrari Trento Art of Hospitality Award abbiamo voluto dare ancora più importanza a questo elemento dell’esperienza.

Arte dell’ospitalità significa sapere accogliere al meglio ogni cliente, non con una formula prestabilita, ma riuscendo a comprendere la persona che si ha di fronte e la situazione, a seconda che si tratti di un momento romantico, di famiglia o di business.

Sicuramente l’ospitalità è un elemento strettamente interconnesso con il cibo, non ha senso valutare le due cose separatamente: devono essere proposte in grande armonia, per rappresentare al meglio la personalità di un ristorante.

Massimo Bottura, chef dell’Osteria Francescana

E’ sempre difficile far raccontare ad altri un piatto che scaturisce da un’emozione personale, per questo è fondamentale avere un rapporto di totale fiducia e condivisione con il personale di sala.

Per far crescere la sala bisogna trasmettere la propria passione, coinvolgerla, anche farla lavorare in cucina, creare un team affiatato.

Una grande sala salva un piatto modesto, una cattiva sala rovina anche un grande piatto.

Le tre parole fondamentali sono: umiltà, passione e sogno. 

Umberto Bombana, chef del ristorante 8 e ½ di Hong Kong

Appena il cliente varca la soglia del ristorante incontra una persona, che diventa poi il punto di riferimento di tutta l’esperienza. Questa persona è fondamentale per far star bene gli ospiti, funziona da “valvola” con la cucina, che spesso è soggetta a molto stress.

L’esperienza in un ristorante dev’essere globale e caratterizzarsi per una propria personalità, anche in sala. Questo non significa trattare tutti i clienti allo stesso modo, anzi, è fondamentale sapersi adattare alle loro esigenze, che spesso vanno di pari passo con la loro cultura di provenienza. Importante è anche ricordarsi delle preferenze dei clienti abituali.

Alla base di tutto, comunque,  deve esserci l’umiltà, saper ricevere l’ospite senza arroganza e distacco, ma trasmettendogli la passione per questo lavoro.

Søren Ledet, direttore e comproprietario di Geranium di Copenhagen

Il nostro ristorante racconta una storia piuttosto particolare in riferimento al rapporto fra sala e cucina.  Sia io sia il mio socio, Rasmus Kofoed, siamo chef e nessuno dei due frequentava mai la sala. Così ad un certo punto, decidemmo di  alternarci, un mese a testa, tra cucina e sala. Data la mia passione per il vino, cominciai io in sala. Dopo un mese, decisi di non tornare più in cucina.

Chi è in sala fa la gran parte dell’esperienza di un ristorante, vede e conosce le persone che lo frequentano, aiuta a rendere ancora più speciale un piatto, creando un momento davvero unico.

Marco Reitano, sommelier de La Pergola di Heinz Beck e ideatore dell’associazione “Noi di Sala”

Essere qui a parlare di ospitalità è per me un traguardo molto importante, perché significa che l’attenzione è finalmente arrivata anche sulla sala. Se si parla di “Rinascimento” della cucina italiana, io credo lo si debba fare anche per la sala. E questo Rinascimento potrebbe avere persino uno slogan: “la persona più importante del ristorante non è il cuoco, né il cameriere, ma il cliente”.

Recentemente anche i giovani stanno tornando in sala, stiamo sperimentando più interesse e riceviamo sempre più candidature. Questo ci fa piacere anche se i giovani di oggi sono a volte troppo smaniosi di spostarsi, di fare molte esperienze, penalizzando così la formazione. In un ristorante di alto livello sono necessari almeno due anni per inserirsi nel gruppo e relazionarsi al meglio con la clientela internazionale.

Maurizio Saccani, direttore operations di Rocco Forte Hotels 

Utilizzare il termine Arte, associato a quello di Ospitalità, è molto significativo, perché Arte è sinonimo di emozione, dinamismo, cambiamento. E il nostro tempo sta portando una grande rivoluzione, grazie anche al digitale. Il cliente è più informato, non cerca solo il luogo, ma una vera e propria esperienza dei sensi.

Nell’albergo questo è ancora più totalizzante e va a coprire una molteplicità di aspetti. Non basta più trovarsi in belle località e avere una bella struttura, oggi il cliente vuole interazione a tutti i livelli, vuole conoscere la cultura del luogo proprio attraverso il personale, vuole diventare parte di un posto. Questo è possibile solo se si riesce a creare una vera e propria “cultura d’azienda” sul tema dell’ospitalità che coinvolge tutta la struttura, dalla cameriera ai piani al grande chef.

 

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